[Pubblichiamo di seguito la traduzione in italiano di un articolo scritto dalla giornalista britannica Louise Hunt per il servizio notizie e analisi umanitarie a cura dell’Onu IRIN all’indomani del vertice internazionale sulla migrazione svoltosi a La Valletta]
I leader europei stanno imponendo i loro programmi sull’immigrazione all’Africa? Perché hanno deciso di fondere gli aiuti per la cooperazione allo sviluppo con le politiche sulle migrazioni? Cosa c’è di sbagliato nell’introdurre metodi più sicuri e legali per regolare il processo di emigrazione ed immigrazione?
Secondo i difensori dei diritti dei rifugiati e dei migranti, il piano d’azione lanciato a Malta oggi, alla fine di un incontro di due giorni al quale hanno partecipato 60 leader africani ed europei, ha generato più quesiti che soluzioni.
Il vertice di Valletta aveva lo scopo di rafforzare la cooperazione per affrontare il problema dell’immigrazione irregolare, ma i critici lo hanno interpretato come un’opportunità che non solo non è stata sfruttata, ma che è stata impostata in modo unilaterale, riservata e organizzata in modo sbagliato.
“Il vertice non è stato ben bilanciato. L’unica voce che si sentiva era quella dell’UE”, ha detto Odile Faye della rete africana Società civile per lo sviluppo e la migrazione (Made), una dei soli due membri di organizzazioni non governative ai quali era stata data l’opportunità di assistere al summit come osservatori all’ultimo minuto.
L’incontro è stato caratterizzato dal lancio ufficiale di un fondo fiduciario di emergenza per l’Africa, con lo scopo di finanziare l’implementazione di diversi aspetti del piano di azione. L’Unione Europea ha finanziato il fondo con 1,8 miliardi di euro derivanti dal Fondo europeo di sviluppo per dare una spinta all’iniziativa con l’aspettativa che anche i singoli Stati membri diano un contributo altrettanto significativo. Fino ad ora però, solo 78 milioni di euro sono stati promessi dai singoli Stati.
Ciò che preoccupa maggiormente Sara Tesorieri, esperta in migrazioni di Oxfam International, è il numero delle domande che non hanno ricevuto risposta riguardo il nuovo fondo fiduciario, che sarà utilizzato su entrambi i fronti della migrazione e dello sviluppo. L’esperta ha sottolineato come gli Stati membri che hanno preso parte all’iniziativa vorranno poter dire la loro su come questi soldi saranno utilizzati, il che potrebbe generare importanti conflitti tra chi è più interessato a spendere i fondi per il controllo sull’immigrazione e coloro che invece vorrebbero focalizzarsi sullo sviluppo.
“I fondi saranno utilizzati per combattere la povertà o per rafforzare la sicurezza delle frontiere? Saranno spesi nelle zone più povere o lungo i confini delle aree considerate di interesse strategico per l’Europa? Abbiamo posto queste domande e abbiamo ricevuto risposte molto diverse tra loro”.
“Aldilà del fondo fiduciario, sarà ancora stanziato il denaro previsto per lo sviluppo del Sudafrica o i donatori europei hanno scelto i Paesi nei quali intervenire, invece di pensare alle zone che hanno maggiori necessità in questo momento?”
Sara Tesorieri ha inoltre affermato che il fondo fiduciario nasce con diversi scopi, alcuni che coincidono con gli obiettivi di sviluppo standard ed altri che sono molto più inclini al controllo e alla gestione dell’immigrazione.
“Quello che vorremmo è vedere una netta divisione tra i fondi che saranno utilizzati per i progetti sullo sviluppo e quelli che invece verranno utilizzati per raggiungere altri obiettivi”, ha detto all’IRIN.
Altri partecipanti si sono detti preoccupati della possibilità che alcune importanti discussioni avvenute a Valletta possano essere passate inosservate o possano essersi perse “dietro le quinte” dell’evento principale.
Parlando al briefing della Società civile nelle ore subito precedenti al vertice, Iverna McGowan (Amnesty International) ha detto: “Non siamo preoccupati tanto delle linee ufficiali che seguirà l’evento, ma degli accordi bilaterali o al margine che sono in corso di negoziazione. L’esternalizzazione dei controlli delle frontiere può diventare pericolosa se il processo non è trasparente e presenta poche o nessuna garanzia”.
McGowan si è inoltre espressa sulle voci in merito al fatto che uno Stato nordafricano sarebbe stato esortato a stringere accordi per una cooperazione sulle migrazioni, con la promessa di una riduzione delle tariffe di importazione del cibo: “così l’accordo è stato firmato e voi otterrete ulteriori vantaggi sulle importazioni di cibo”.
Le 14 pagine di strategia congiunta tra UE e Africa sulla migrazione sono state rese note durante il vertice. La strategia si divide in 5 sezioni, inclusi sviluppo, mobilità, migrazione legale e mobilità, asilo e protezione internazionale. Forse le più importanti dal punto di vista dei leader europei sono le due sezioni finali, riguardanti la cooperazione per ridurre l’immigrazione irregolare e il contrabbando, e la promozione del rientro e della riammissione dei migranti.
Annunciando il fondo fiduciario, il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker ha detto: “Per riuscire nel nostro intento, i Paesi dell’Unione Europea e i loro Paesi partner in Africa devono lavorare insieme per individuare i problemi alla radice delle migrazioni irregolari e per promuovere pari opportunità in fatto di economia, sviluppo e sicurezza”.
In cambio dei nuovi aiuti, l’Europa si aspetta che i Paesi africani riprendano indietro i loro cittadini che cercano di entrare nell’UE illegalmente e che non hanno diritto alla protezione internazionale. Attualmente, un’importante porzione degli ordini di rimpatrio effettuati dai Paesi europei non sono attuabili poiché gli immigrati distruggono i loro documenti o i loro Paesi di origine si rifiutano di rimpatriarli.
Il piano d’azione richiede “una cooperazione rafforzata per facilitare il rientro e il reintegro in patria degli immigrati irregolari”. I funzionari dell’immigrazione dei 10 Paesi africani che si presentano come principali fonte di emigrazione saranno incoraggiati a realizzare missioni di identificazione per verificare e identificare i propri cittadini ai fini dell’espulsione. La prima missione di questo tipo dovrebbe iniziare nei primi mesi del 2016.
Tuttavia Valerie Ceccherini, che rappresentava il Consiglio norvegese per i rifugiati ed era la seconda osservatrice di una organizzazione non governativa invitata a partecipare al summit, ha detto all’IRIN: “La politica di rimpatrio più dura arriverà dall’Europa, non dagli africani, non sono loro a volerla.”
Ceccherini ha aggiunto che i delegati francesi che hanno preso parte al vertice si sono opposti all’approccio, proposto principalmente da Germania e Gran Bretagna. “I francesi hanno detto che pensano sia sbagliato mettere insieme la cooperazione allo sviluppo con quella per l’emigrazione”.