CIAD / LIBIA - “Gran parte Mediterraneo è anche africano”: così ha esordito il presidente del Ciad Idriss Deby Itno ai MED Dialogues 2019, la tre giorni di conferenze organizzata da ISPI con la collaborazione del ministero degli Affari Esteri, alla sua quinta edizione.
Un discorso, quello di Deby, improntato a dare il punto di vista africano alle questioni più calde poste dall’agenda dei MED, su tutte l’avanzare e il rafforzarsi del terrorismo in Libia e nella zona del Sahel.
“Le nostre società sono interconnesse tra loro grazie allo sviluppo di nuove tecnologie e alla rivoluzione dei mezzi trasporto e per questo affrontano sfide transnazionali molto difficili da gestire a livello di un solo paese o regione, ha proseguito il presidente ciadiano.
Sfide comuni, che vanno oltre il tema della sicurezza e della lotta al terrorismo, questioni che comunque preoccupano non poco il presidente Deby, per affrontare problemi comuni, macroscopici rispetto alla dimensione non solo di Stato nazione ma anche di federazione di nazioni.
“Molte di queste sfide hanno conseguenze che vanno al di là dello spazio del Sahel: crisi e conflitti persistenti, il problema della povertà, il terrorismo, la criminalità organizzata transnazionale e la circolazione di massa di armi provenienti dalla Libia” sono tutte facce della stessa medaglia, problemi che generano conflitti armati intercomunitari “senza precedenti”.
Deby è poi tornato su una questione tanto vecchia quanto attuale, ovvero i conflitti di interesse e gli obiettivi divergenti tra gli attori internazionali in questo momento sulla scena libica.
Un’assenza di comunione d’intenti che è con-causa della crisi: “La violenza non è un’opzione per uscire dalla crisi, per porre fine a questa le agende internazionali su Libia permettano che i libici parlino tra loro per uscire dalla crisi. La tragedia del popolo libico, nostro fratelllo, è inammissibile e i contraccolpi che subiamo come paese vicino non sono tollerabili né più sopportabili. […] La chiave per una risoluzione di questa crisi si trova anzitutto nelle mani dei libici stessi: lancio quindi un appello per una presa di coscienza collettiva atta a porre fine all’autodistruzione dei libici. Il Ciad è pronto a dare il suo modesto contributo in un processo di dialogo interlibico”. [ABS]