LIBIA – Dopo le indiscrezioni circolate nelle ultime settimane, ieri è arrivata la conferma che l’ambasciatore d’Italia in Libia, Giuseppe Perrone, non farà ritorno a Tripoli. A riferirlo ieri in Senato è stato il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi adducendo “preoccupazioni sulla sua sicurezza e incolumità personale e di quelli che lavorano con lui”.
Su Perrone, che parla fluentemente arabo e che anche per questo motivo è stato in grado di tessere più facilmente una serie di relazioni con interlocutori libici, si erano addensate una serie di critiche interne alla Libia stessa per un’intervista in arabo rilasciata a una tv locale lo scorso agosto.
In particolare, le sue dichiarazioni non erano piaciute al governo che fa capo al generale Khalifa Haftar, che le aveva considerate una intrusione negli ‘affari interni’ della Libia, leggendole come un modo per annunciare un possibile rinvio delle elezioni. Queste ultime, secondo un vertice tenuto a maggio a Parigi, si dovrebbero tenere il 10 dicembre, ma in considerazione del clima di insicurezza e dei negoziati in corso è difficile poter affermare oggi che esse si terranno effettivamente come programmato in Francia.
Secondo alcuni osservatori, gli sviluppi legati a Perrone devono essere letti tenendo conto degli sforzi che la diplomazia italiana sta intanto conducendo: ad agosto Moavero Milanesi si è recato in Egitto per parlare di Libia, e nei giorni scorsi lo stesso è volato a Bengasi da Haftar, che proprio nell’Egitto ha uno dei suoi migliori alleati. Perché, per tornare a una Libia stabile, non si può prescindere dall’uomo forte della Cirenaica. E l’Italia – pur restando fedele alla politica di vicinanza al governo di Tripoli di Hafez al-Serraj – sta lavorando per ospitare a novembre una conferenza sulla Libia – che si terrà probabilmente in Sicilia – il cui successo è legato anche alla presenza degli altri reali attori in campo. [MS]