Di seguito ripubblichiamo senza modifica alcuna un commento pubblicato la scorsa settimana dal sito Info-Cooperazione (la community italiana della Cooperazione internazionale) che, alla vigilia dell’uscita del nuovo Bando dedicato (già pubblicato, vedi notizia) al settore profit della Cooperazione, si interroga sullo scarso successo dell’iniziativa nelle prime due edizioni. Buona lettura
L’Agenzia per la cooperazione si appresta a lanciare la terza edizione del bando per supportare le iniziative di cooperazione delle imprese italiane, si tratta della “Procedura aperta per la selezione di iniziative imprenditoriali innovative da realizzare nei Paesi partner di cooperazione per il perseguimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile”. Un bando per il quale ormai da tre anni l’AICS mette a disposizione una dotazione finanziaria di 5 milioni di euro con la speranza di attrarre l’interesse dell’imprenditoria italiana sul fronte della cooperazione allo sviluppo.
Un percorso difficile che necessita sicuramente di un cambiamento culturale da parte del mondo imprenditoriale che fino ad oggi ha visto l’Africa e i paesi partner come mercati da conquistare o luoghi dove andare a fare shopping di risorse e lavoro a basso costo. Ora il paradigma deve cambiare, sono finiti i tempi del “business as usual”, fare cooperazione per le imprese vuol dire contribuire al raggiungimento degli SDGs non soltanto andando alla ricerca di nuovi mercati ma portando innovazione, investimenti, know-how e generando crescita e posti di lavoro nel rispetto dell’ambiente e dei diritti umani.
Un nuovo orizzonte quello della cooperazione che però non sembra attrarre più di tanto le imprese italiane, almeno a giudicare dai risultati dei primi due bandi messi in campo dall’Agenzia. La prima edizione di questo bando nell’anno 2017 si è chiusa con l’assegnazione di poco più di 1,5 milioni della dotazione finanziaria complessiva di 4,8 milioni a 13 imprese selezionate su 25 partecipanti.
Poco meglio è andata la partecipazione alla seconda edizione targata 2018, il numero di imprese partecipanti è aumentato sensibilmente, sono 40 gli operatori economici che hanno sottoposto un’idea progettuale. Purtroppo però anche questo secondo bando è riuscito ad assegnare meno della metà dei fondi disponibili. Saranno 20 le imprese che vedranno co-finanziati i progetti sottoposti sui tre lotti proposti dal bando, nello specifico 7 sul lotto 1 – “Nuove idee A”, 7 sul lotto 2 – “Nuove idee B” (start-up) e 6 sul lotto 3 – “Idee mature”. Come se non bastasse, durante l’iter di assegnazione dei contributi due imprese selezionate hanno rinunciato al contributo e in quattro casi si è dovuto procedere alla riduzione del contributo concesso in quanto questo andava ad eccedere le soglie “de minimis” previste dalla UE in materia di aiuti di stato alle imprese.
Restano non assegnati ben 2.687.727 euro che secondo la recente delibera del direttore dell’AICS saranno utilizzati per “attività di monitoraggio dell’ufficio VIII e per l’assistenza tecnica che sarà necessario richiedere per il bando profit 2019”. Questa somma va ad aggiungersi al residuo generato con la prima edizione del bando che ammontava a 3.243.442 euro, anche questo destinato in parte alle attività di monitoraggio delle iniziative finanziate.
Eppure il moltiplicarsi di iniziative dedicate all’internazionalizzazione delle imprese italiane verso i paesi partner della cooperazione (vedi la fiera Exco 2019 e l’Italia Africa Business Week che si svolge in questi giorni a Milano) sembrano testimoniare un crescente interesse del mondo imprenditoriale nell’ottica della cooperazione.
Forse è arrivato il tempo di interrogarsi sull’efficacia dello strumento “bando” messo in campo fino ad oggi dall’AICS e destinare una parte del tesoretto residuo a studiare e implementare strumenti più efficaci per raggiunge gli obiettivi che ci si è preposti, ovvero quello di rafforzare il ruolo del settore privato profit nella cooperazione in partnership con gli altri attori del sistema italiano della cooperazione. Un bando come quello sperimentato in questi due anni sembra non essere adatto alle esigenze dei potenziali beneficiari e contiene vincoli e limitazioni che ne vanificano l’efficacia tanto da non risultare allettante per le imprese e comunque scoraggiare la partecipazione degli imprenditori.
Che sia arrivata l’ora di ripensare a questo strumento e cambiare rotta?