L’African Continental Free Trade Area (AfCFTA), la futura area di libero scambio africana, sarà una risposta decisiva al Covid, soprattutto se contribuirà a colmare l’enorme gap infrastrutturale del continente, il cui commercio rappresenta attualmente solo il 3% degli scambi mondiali: questa l’affermazione ribadita ieri all’unanimità dai relatori presenti alla web conference organizzata dal mensile economico Africa e Affari, in occasione dell’uscita del numero di Ottobre dedicato al tema della logistica nel continente.
Inaugurando i lavori dell’incontro, Stefano Nicoletti, Vice Direttore Centrale per l’Internazionalizzazione e Capo Ufficio I (Internazionalizzazione Imprese Direzione Generale Promozione Sistema Paese) al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ha sottolineato due temi importanti per il Maeci: la promozione del Made in Italy e l’Africa, dove si giocheranno in gran parte i futuri equilibri delle sfide globali. E l’Italia, che si prepara ad assumere nel 2021 sia la presidenza del G20 che la co-presidenza della Cop26, è determinata – ha ricordato Nicoletti – a cogliere l’opportunità, attraverso le tradizionali risorse della cooperazione investite nella formazione e nella creazione di un network di imprese locali ma anche nell’ambito del Patto per l’Export, adottato proprio nel contesto della pandemia e volto a rafforzare gli strumenti a disposizione delle aziende italiane, con il consolidamento delle reti dell’Agenzia Ice e di Sace Simest del Gruppo Cassa Depositi e Prestiti.
Presentando una sintesi dei passi da compiere per giungere all’implementazione dell’AfCFTA, Massimo Zaurrini, direttore di Africa e Affari/InfoAfrica, ha ricordato il cambio di rotta che le infrastrutture logistiche del continente saranno finalmente chiamate a operare con la nascita di un’area africana di libero scambio: ereditate dall’era coloniale, esse non saranno più orientate al trasporto delle merci al di fuori del continente ma ben verso l’interno in modo da incrementare il commercio e gli scambi intra-africani.
Jean-Léonard Touadi, Presidente del Centro Relazioni con l’Africa (CRA) della Società Geografica Italiana (SGI), ha dichiarato considerare la pandemia come un’occasione per i dirigenti africani di ripensare l’accesso dei propri popoli alle risorse locali e, in tal modo, lo sviluppo intra-africano. Ha poi ribadito che il buon andamento dell’area continentale di libero scambio passa necessariamente attraverso la riattivazione delle comunità economiche regionali (Comesa, Eccas, Ecowas, Sadc, Eac) e la relativa cessione di sovranità.
Intervento più tecnico della conferenza, Michele Ruta, Lead Economist presso la Banca Mondiale e coautore del rapporto della stessa “The African Continental Free Trade Area, economic and distributional effects”, ha ricordato quanto l’implementazione dell’AfCFTA e la questione delle infrastrutture, dei trasporti e della logistica nel continente fossero strettamente correlate. L’impatto dell’area di libero scambio più grande al mondo – che coinvolgerà un totale di 1,3 miliardi di persone – che gli esperti si aspettano sul commercio è enorme: tra tutti i dati disponibili nel rapporto della Banca Mondiale, la previsione di un aumento di oltre l’80% delle esportazioni intra-africane, il rialzo del 7% della media dei redditi degli Africani, con benefici diretti per le fasce più vulnerabili (a partire dalle donne e dai lavoratori meno qualificati) e l’uscita di 30 milioni di persone dallo stato di povertà estrema. Tre gli effetti positivi attesi dall’AfCFTA: l’aumento dell’efficienza commerciale porterà ad economie africane più robuste; la collaborazione (come ad esempio la collaborazione medica) con gli altri Paesi si intensificherà; le riforme attuate per il libero scambio contribuiranno ad ancorare le aspettative degli operatori esteri.
Testimone diretto dello stato della logistica in Africa, Marcello Saponaro, Presidente di Africa Logistics Network e Ceo di Logimar, azienda che si occupa di spedizioni aeree e marittime, project cargo, trasporti terrestri, logistica e magazzini, ha sottolineato il fattore di crescita costituito dal libero scambio e osservato che l’intensificazione degli scambi intra-africani porterà inevitabilmente alla riduzione dei conflitti e al consolidamento della cooperazione intra-africana e, di conseguenza, a un livello più elevato del commercio in Africa.
Il dibattito che ha seguito la conferenza ha tuttavia fatto emergere i dubbi diffusi riguardo alla capacità dell’Italia a imporsi nelle varie filiere africane e a partecipare alla grande sfida logistica e infrastrutturale che aspetta il continente. Se il modello imprenditoriale italiano si adatta perfettamente in un continente prevalentemente composto da micro, piccole e medie imprese, e le istituzioni hanno raddoppiato sì l’attenzione riservata all’Africa, le aziende italiane necessitano di maggiori garanzie dal sistema-Paese – come, per citarne una, l’apertura di linee di credito locali – mentre questo ultimo ha bisogno a sua volta di essere stimolato da aziende meno timide nel conquistare quote di mercato. Un nodo da sciogliere con urgenza, anche perché le imprese italiane, il cui how-know può fare la differenza là dove i partner africani ricercano operatori competenti, potrebbero perdere una grande opportunità. [CN]